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Antonio Cederna: “Mattone selvaggio”. 1984, cioè oggi.

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L’Espresso, 22 aprile 1984

Antonio Cederna è stato un grande giornalista, fortemente impegnato nel descrivere i cambiamenti di quell’Italia che stava sempre più distruggendo il Bel Paese.

Archeologo di formazione, scrittore, uno dei primi ambientalisti coraggiosi.

Ecco che cosa scriveva nel 1984, alla vigilia della legge sull’abusivismo e condono edilizio (legge n. 47 del 1985).

Sembra la descrizione della realtà attuale.

Gruppo d’Intervento Giuridico odv

Roma, Tor Chiesaccia, cantieri in corso (2013)

da L’Espresso, 27 agosto 2021

Antonio Cederna e le denunce contro il mattone selvaggio: “Il nostro paesaggio sacrificato in nome del consenso”.

Il 27 agosto del 1996 scompariva il giornalista impegnato sui temi ambientali. Riproponiamo una sua inchiesta scritta per l’Espresso sul consumo del territorio nel 1984. Terribilmente attuale.

Roma, Tor Chiesaccia, striscione di protesta (2013)

Mattone selvaggio. (Antonio Cederna, L’Espresso, 22 aprile 1984)

Secondo calcoli attendibili entro l’anno 2100 tutta l’Italia sarà consumata e finita, non ci sarà più un metro quadrato che non sia cementificato e asfaltato. È una proiezione basata su quel che è successo fin qui: nell’ultimo ventennio milioni di ettari di terreno agricolo (un decimo dell’Italia) sono stati sommersi da case, strade, industrie, discariche, cave, eccetera, pari a un consumo annuo di territorio dello 0,5-0, 7 per cento. Già il 50 per cento del suolo risulta impermeabilizzato, e non è più in grado di assorbire le piogge; frane e alluvioni si succedono ogni tre mesi e ci costano 3 mila miliardi l’anno: ma non abbiamo ancora la legge che prevenga il dissesto idrologico. Ogni anno da colline e alvei di fiumi vengono selvaggiamente asportati 300 milioni di tonnellate di materiali, ma non ab­biamo ancora una legge nazionale che regoli l’attività estrattiva. Siamo l ‘ultimo paese del mondo quanto a estensione di aree protette (solo l’uno e mezzo per cento del bel paese), ma non abbiamo ancora la legge quadro per la tutela dell’ambiente naturale. In omaggio alla rendita fondiaria abbiamo le peggiori città d’Europa, prive degli spazi pubblici elementari e con la più bassa dotazione di verde, ma non abbiamo ancora una legge che disciplini il regime dei suoli.. E ogni anno vanno a fuoco in media 50mila ettari di bosco.

Quello che ancora non si è riusciti a calcolare è quanto di questo irreversibile consumo di territorio è dovuto a quell’altra calamità che è il dilagare dell’abusivismo edilizio (sarebbero più di 3 milioni gli alloggi fuori legge), che divora terreni produttivi, archeologici, a difesa delle falde acquifere, foreste e litorali, inquinando acqua e suolo, aggravando il collasso generale. È ormai un fenomeno di massa al di sotto del quarantaduesimo parallelo (praticamente dalla provincia di Roma compresa in giù), che ha perso il carattere originario (abusivismo cosiddetto “di necessità”) per diventare un’operazione affaristico-speculativa, che trasforma l’illegalità in norma, e scardina ogni possibilità di pianificazione urbanistica. La sua gravità fu messa bene in evidenza tre anni fa al convegno di Magistratura democratica a Paestum, templi circondati da oltre 2 mila manufatti abusivi: «Insieme alla delinquenza organizzata, al terrorismo e alla camorra, l’illegalità edilizia rischia di dissolvere lo Stato democratico». Il disprezzo per il territorio considerato come una res nullius, l’irridente insofferenza per ogni vincolo di interesse pubblico, la presunzione che il diritto di edificare sia compreso nel diritto di proprietà (come del resto ritengono i luminari della Corte costituzionale) sono le principali distorsioni mentali su cui sembra si sia finalmente raggiunta l’unità degli italiani.

Bergamo, lavori per la realizzazione del parcheggio interrato (agosto 2018)

La dimensione del fenomeno è sconvolgente. Seimila case abusive intorno a Selinunte, 3 mila intorno ad Agrigento, altre migliaia (per 60 mila posti letto) sulle pendici del l’Etna (per difenderne qualcuna dalla lava si è organizzato l’insensato spettacolo pirotecnico delle mine): dei 500 mila alloggi costruiti in Sicilia tra il ’71 e l 81, la facoltà di ingegneria dell’università di Palermo ha calcolato che solo un quinto risultano regolari, del milione di stanze costruite in Calabria nello stesso decennio, il 70-80 per cento sono abusive, e a decine di migliaia si contano le costruzioni fuorilegge che hanno distrutto le coste calabre e pugliesi.

Un nuovo Impulso all’abusivismo è venuto naturalmente dall’aspettativa del condono (il primo testo di legge venne approvato dal Senato nell’80), e l’esplosione si è avuta negli ultimi sei mesi, da quando fu presentato (e poi bocciato) il decreto del 5 ottobre scorso (la Camera ha appena approvato il disegno di legge governativo).

Il caso che più ha fatto rumore sono i cento edifici dell’Argentario: ma a Roma in questi sei mesi l’abusivismo è aumentato del 20 per cento; a Napoli sono sorti edifici di dieci piani nella periferia occidentale, altre costruzioni a Posillipo, e sulle pendici del cratere-foresta degli Astroni, altre ai Camaldoli in aree sotto esproprio per verde pubblico: mentre vengono sommerse zone archeologiche insigni, dall’antica Stabia alla necropoli di Cuma nei Campi Flegrei, nonostante il rischio sismico e vulcanico.

Olbia, Tavolara, sequestro preventivo (sett. 2019)

Scopo dichiarato del condono è quello di rastrel1are denaro per l’erario; una pia illusione, dal momento che somme ben maggiori dovranno essere spese per il “recupero” degli insediamenti abusivi, per dotarli dei servizi mancanti e restituire ad essi un minimo di dignità urbana (solo a Roma sono già stati spesi mille miliardi). Per questo, una drastica proposta è stata avanzata da Italia Nostra: rinunciare per il momento a ogni forma di sanatoria, e puntare invece tutto sulla repressione, emanando subito norme certe, tempestive, efficaci e imparziali perché il fenomeno venga stroncato sul nascere, modificando quanto previsto dalla legge Bucalossi del ’77.

Questa, nei casi di opere costruite senza concessione o in totale difformità da essa, prevede che il sindaco proceda all’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune o alla demolizione: provvedimenti che raramente hanno potuto essere attuati per l’estenuante contenzioso e i pesanti condizionamenti cui i sindaci sono normalmente sottoposti, per ragioni elettoralistiche, clientelari, camorristiche, mafiose. Ad esempio, a Roma su 30 mila casi abusivi accertati nell’ultimo triennio, il Comune è riuscito ad acquisire appena 128 manufatti, pari allo 0,4 per cento; a Napoli, negli ultimi sei anni, nonostante le ordinanze, le acquisizioni sono rimaste sulla carta (e le demolizioni sono state 72 su migliaia di pratiche).

Sinnai, Solanas, cantiere edilizio contiguo alla spiaggia (marzo 2019)

Del resto, come potrà mai il Comune utilizzare e gestire edifici malfatti, mal ubicati eccetera? La demolizione appare invece come il deterrente decisivo, ma, perché si realizzi – sostiene Italia Nostra – non basta l’ordinanza del sindaco, deve essere il risultato di una sentenza penale di condanna che trasformi l’illecito in delitto, da punire con la reclusione fino a tre anni (invece dell’arresto), e con una multa fino a 50 milioni (invece della contravvenzione), con eliminazione della sospensione condizionata, come fa la legge sulle sofisticazioni alimentari; e si propone anche l’arresto immediato per la violazione dei sigilli ai cantieri sequestrati.

Si spaventerebbero così i compiacenti prestanome, si eviterebbero le lungaggini e i ricorsi, alla fine dei quali il costruttore abusivo fa trovare furbescamente occupato l’edificio da demolire.

La proposta non è stata accolta, e la discussione proseguirà ora al Senato: certo è che la legge (per quanto qua e là emendata soprattutto per merito dell’opposizione di sinistra) si risolverà in un premio per gli abusivi e un danno per la collettività.

Finché la maggioranza di politici e amministratori cercherà il consenso al livello più basso e considererà il territorio una merce di scambio, ben pochi passi avanti si faranno: ambiente, paesaggio e territorio sono beni comuni, collettivi, diffusi, e ogni attentato va considerato un delitto.

Roma, Pineta litoranea di Procoio, cartello di sequestro preventivo (9 marzo 2020)

(foto A.N.S.A,, per conto GrIG, archivio GrIG)


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